La Classe D è il fast food dell’audio. Buono? Forse. ...Indimenticabile? Mai.
Pubblicato da Emanuele Pizzi in TECNICA · 7 Luglio 2025
Tags: Hi, Fi, amplificatori, audio, Classe, D, Classe, AB, audio, analogico, audio, digitale, audio, professionale, esperienza, sul, campo, confronto, amplificatori, alta, fedeltà, EAMLabs, impianto, stereo, scelta, amplificatore, musica, liquida, ascolto, consapevole
Tags: Hi, Fi, amplificatori, audio, Classe, D, Classe, AB, audio, analogico, audio, digitale, audio, professionale, esperienza, sul, campo, confronto, amplificatori, alta, fedeltà, EAMLabs, impianto, stereo, scelta, amplificatore, musica, liquida, ascolto, consapevole
Classe D o Classe AB? L’amplificatore è ancora il re (e la corona è fatta di corrente vera)
Viviamo immersi nel digitale.
La musica ci arriva via Wi-Fi, in streaming, da DAC tascabili o file ad alta risoluzione letti da smartphone più intelligenti di noi.
Sembra tutto immateriale, fluido, perfetto.
La musica ci arriva via Wi-Fi, in streaming, da DAC tascabili o file ad alta risoluzione letti da smartphone più intelligenti di noi.
Sembra tutto immateriale, fluido, perfetto.
Eppure, quando arriva il momento di far vibrare l’aria, di spostare davvero un cono da 6 pollici in un diffusore, serve qualcosa di ben più concreto: l’amplificatore.
Lì finisce il regno del bit, e inizia quello della corrente.
E lì si apre una delle domande più discusse, più polarizzanti, più… audiofile di tutte:
Classe D o Classe AB?
E lì si apre una delle domande più discusse, più polarizzanti, più… audiofile di tutte:
Classe D o Classe AB?
“Ma tanto ormai è tutto digitale…”
La sentiamo spesso questa frase. Spotify, Qobuz, CD, USB, Bluetooth… il segnale è digitale, quindi che differenza farà mai?
E invece ne fa eccome.
E invece ne fa eccome.
Perché a un certo punto, quel bel flusso di bit deve diventare corrente elettrica, capace di far muovere un altoparlante.
E da lì in poi si torna nel mondo reale: tensioni, dinamiche, transienti, impedenze.
Il dominio dell’analogico.
E da lì in poi si torna nel mondo reale: tensioni, dinamiche, transienti, impedenze.
Il dominio dell’analogico.
E proprio in quel punto cruciale, il tipo di amplificazione conta — tantissimo.
Conta per come viene gestito il dettaglio, la dinamica, la profondità della scena sonora.
Conta per come si percepisce la naturalezza del suono.
Conta per come viene gestito il dettaglio, la dinamica, la profondità della scena sonora.
Conta per come si percepisce la naturalezza del suono.
E no, non basta dire “tanto è digitale”. Perché una volta convertito, non lo è più.
E quindi… vinile?
Eccola qui, l’altra obiezione che spunta puntuale:
“Se il punto è l’analogico, allora meglio il vinile!”
Beh, dipende da cosa cerchi.
Il vinile ha fascino, storia, un’estetica che nessun file FLAC potrà mai replicare.
Ma se parliamo di fedeltà al master originale, il vinile non è il punto d’arrivo.
È un compromesso piacevole, ma pur sempre un compromesso.
Ma se parliamo di fedeltà al master originale, il vinile non è il punto d’arrivo.
È un compromesso piacevole, ma pur sempre un compromesso.
La dinamica è limitata.
Il supporto si degrada nel tempo.
L’equalizzazione RIAA (che dovrebbe essere standard) suona diversa tra un pre phono e l’altro.
E il suono è spesso artificiosamente caldo, gonfio sui medi, con bassi “morbidi” ma poco controllati.
Il supporto si degrada nel tempo.
L’equalizzazione RIAA (che dovrebbe essere standard) suona diversa tra un pre phono e l’altro.
E il suono è spesso artificiosamente caldo, gonfio sui medi, con bassi “morbidi” ma poco controllati.
Niente di male, eh. Ma diciamolo:
non è un riferimento neutrale. È una scelta estetica.
non è un riferimento neutrale. È una scelta estetica.
La Classe D: brillante, efficiente… ma non perfetta
La Classe D ha cambiato le regole del gioco.
Con moduli moderni come Purifi, Hypex o IcePower, oggi si possono ottenere potenza, compattezza ed efficienza a prezzi accessibili e con prestazioni niente male.
Con moduli moderni come Purifi, Hypex o IcePower, oggi si possono ottenere potenza, compattezza ed efficienza a prezzi accessibili e con prestazioni niente male.
È perfetta per iniziare, per un secondo impianto, per chi vuole comodità e praticità.
E se ben progettata, può suonare molto bene.
E se ben progettata, può suonare molto bene.
Ma attenzione all’entusiasmo eccessivo.
Non è l’ammazza-giganti che qualcuno vuol far passare.
Non è l’ammazza-giganti che qualcuno vuol far passare.
E soprattutto, la Classe D ha delle criticità strutturali che raramente vengono raccontate.
Questi amplificatori lavorano a tensioni elevate anche in stand-by, con circuiti di switching complessi, componenti rapidissimi e layout delicati.
Sono sempre “sotto carica”, sempre attivi.
Ed è proprio questo che, nel tempo, porta problemi.
Sono sempre “sotto carica”, sempre attivi.
Ed è proprio questo che, nel tempo, porta problemi.
Non è tanto il “se” si romperanno… è il “quando”.
E quando succede, tra componenti integrati, alimentatori switching e topologie digitali, metterci le mani è un lavoro da specialisti veri (sempre che si trovino i ricambi).
E quando succede, tra componenti integrati, alimentatori switching e topologie digitali, metterci le mani è un lavoro da specialisti veri (sempre che si trovino i ricambi).
La Classe D è fantastica — finché tutto funziona.
Poi è un’altra storia.
Poi è un’altra storia.
Classe AB: semplice, musicale, e… quasi eterna
La Classe AB, al contrario, ha il fascino rude della vecchia scuola.
Circuiti semplici, lineari, spesso riparabili con due transistor e un saldatore.
E — cosa non da poco — una musicalità ancora oggi imbattibile in tutto lo spettro udibile e nella tridimensionalità.
Circuiti semplici, lineari, spesso riparabili con due transistor e un saldatore.
E — cosa non da poco — una musicalità ancora oggi imbattibile in tutto lo spettro udibile e nella tridimensionalità.
Ma non pensare che sia rimasta ferma agli anni ‘90.
Negli ultimi 10-15 anni anche la Classe AB ha fatto un salto pazzesco:
Negli ultimi 10-15 anni anche la Classe AB ha fatto un salto pazzesco:
- Transistor più veloci e stabili
- Alimentazioni più silenziose
- PCB meglio disegnati
- Circuiti con distorsione bassissima
Il risultato?
Un suono fluido, naturale, dettagliato ma mai affaticante.
Una resa coerente. Una capacità di far “respirare” la musica che tanti Classe D ancora si sognano.
Un suono fluido, naturale, dettagliato ma mai affaticante.
Una resa coerente. Una capacità di far “respirare” la musica che tanti Classe D ancora si sognano.

Gli integrati in Classe AB: la rivincita dell’intelligenza (non artificiale)
Una volta erano visti come compromessi.
Oggi gli amplificatori integrati in Classe AB sono tornati protagonisti.
Con prestazioni impensabili fino a pochi anni fa, includono DAC, phono, a volte anche streamer, senza sacrificare la qualità.
Oggi gli amplificatori integrati in Classe AB sono tornati protagonisti.
Con prestazioni impensabili fino a pochi anni fa, includono DAC, phono, a volte anche streamer, senza sacrificare la qualità.
E se ne vedono di ottimi.
Io che ci lavoro a stretto contatto (con progetti sia artigianali che industriali), ti posso dire che la vera evoluzione dell’Hi-Fi oggi passa proprio da qui:
dal mettere tutto in un solo apparecchio, ma farlo bene.
Con scelte tecniche sensate, senza marketing aggressivo, lasciando parlare il suono.
Io che ci lavoro a stretto contatto (con progetti sia artigianali che industriali), ti posso dire che la vera evoluzione dell’Hi-Fi oggi passa proprio da qui:
dal mettere tutto in un solo apparecchio, ma farlo bene.
Con scelte tecniche sensate, senza marketing aggressivo, lasciando parlare il suono.
E spesso, chi fa questi prodotti lo fa in silenzio, senza sbandierare niente nei forum.
L’esperienza sul campo: dove vince la Classe D (e dove no)
Venendo dal mondo del professionale, posso dirti con certezza:
la Classe D ha vinto, e meritatamente.
la Classe D ha vinto, e meritatamente.
Live, palchi, eventi: dove ci sono chili da risparmiare, potenza da erogare e calore da gestire, la Classe D è l’unica scelta sensata.
Ma lì il suono lo fa il DSP.
Filtri, limiter, FIR, delay… il segnale arriva all’amplificatore già processato, tagliato, ottimizzato per reggere il caos acustico di un palazzetto.
Ma lì il suono lo fa il DSP.
Filtri, limiter, FIR, delay… il segnale arriva all’amplificatore già processato, tagliato, ottimizzato per reggere il caos acustico di un palazzetto.
Lì l’ampli deve solo spingere.
Ma in casa no.
In casa si ascolta.
E lì, ancora oggi, la differenza tra un buon Classe AB e un Classe D “corretto” si sente tutta.
Nel dettaglio, nella spazialità, nel modo in cui la musica ti coinvolge.
In casa si ascolta.
E lì, ancora oggi, la differenza tra un buon Classe AB e un Classe D “corretto” si sente tutta.
Nel dettaglio, nella spazialità, nel modo in cui la musica ti coinvolge.

Quindi, chi vince?
Dipende da cosa cerchi.
- Vuoi iniziare con un ampli onesto, moderno, efficiente? → Classe D, e goditelo.
- Vuoi ascoltare per ore senza stancarti? → Classe AB, possibilmente moderno.
- Vuoi potenza compatta per un impianto multi-room o home theater? → Classe D, ottima scelta.
- Vuoi emozione, corpo, presenza? → Classe AB, tutta la vita.
- Vuoi il vinile? Ok, ma sappi che è un rituale nostalgico, non uno standard di riferimento.
L’amplificatore è ancora il re
In un’epoca in cui la musica è liquida, invisibile, compressa o decompressa, elaborata da software e AI,
c’è ancora una parte fisica che comanda tutto: l’amplificatore.
c’è ancora una parte fisica che comanda tutto: l’amplificatore.
È lì che la corrente diventa musica.
È lì che il bit diventa emozione.
È lì che il bit diventa emozione.
E sì, la Classe D ha fatto miracoli.
Ma la Classe AB — semplice, concreta, viva — suona ancora con una bellezza senza tempo.
Ma la Classe AB — semplice, concreta, viva — suona ancora con una bellezza senza tempo.
Hai ascoltato davvero la differenza?
Raccontamela.
Oppure no, ascolta ancora un po’. Perché alla fine, è quello che conta.
Oppure no, ascolta ancora un po’. Perché alla fine, è quello che conta.
Nota personale (che non vuole essere una regola, ma un punto di vista vissuto)
Tutto quello che hai letto fin qui non è una regola scritta, né una verità assoluta.
Sono considerazioni personali, maturate in oltre 35 anni di esperienza tra impianti, ascolti, prove, live, studi, progetti… e anche qualche riparazione a nottata fonda.
Sono considerazioni personali, maturate in oltre 35 anni di esperienza tra impianti, ascolti, prove, live, studi, progetti… e anche qualche riparazione a nottata fonda.
Ne ho viste e sentite di tutti i colori. E ancora oggi imparo, ogni volta che accendo un ampli.
Con me, in questo percorso, c’è anche il team di EAMLabs — un gruppo di persone con esperienze simili, competenze vere e orecchie allenate.
Gente che condivide lo stesso approccio: ascoltare prima di parlare, progettare prima di vendere, e ragionare sempre sul suono prima che sul marketing.
Gente che condivide lo stesso approccio: ascoltare prima di parlare, progettare prima di vendere, e ragionare sempre sul suono prima che sul marketing.
Questo articolo è frutto di ascolti, confronti, chiacchiere e riflessioni fatte sul campo.
Non vuole convincere, ma condividere.
Se ti ha fatto pensare, anche solo un po’, allora ha fatto il suo lavoro.
Se ti ha fatto pensare, anche solo un po’, allora ha fatto il suo lavoro.
Emanuele Pizzi
... e team compreso...

